Siamo approdati nel XXI secolo e di progressi il mondo ne ha fatti tanti ma…
L’uomo ha raggiunto traguardi e successi che dovrebbero consentirci di andare fieri di appartenere alla razza umana. Quello odierno è un mondo che ci illude di essere ormai al sicuro da pratiche barbare che siamo convinti siano rimaste relegate a un passato ormai remoto. Peccato che le notizie anche recenti ci ricordano che non è così. E, in questo caso, non sto parlando della crudeltà di una guerra assurda scoppiata che sta catapultando il mondo indietro di decenni e che sta mettendo in ginocchio gli abitanti di questo pianeta. Dopo una pandemia che sembrava (e ad oggi sembra) impossibile da sconfiggere ci si è messa anche la follia di un uomo di potere affetto da deliri di onnipotenza tanto da far scoppiare un conflitto che sta mietendo vittime sia in termini di vite umane che di dignità umana.
Quello di cui vorrei parlare con questo pezzo è un qualcosa che sta accadendo non qui nella nostra civile (se così la possiamo definire) Europa ma in un Paese lontano, per la precisione dall’altra parte del globo, l’Africa.
- INDICE
- Le “baby factory” in Africa, una sconvolgente realtà ancora attuale
- Le “baby factory”, una realtà impossibile da estirpare
- Le “baby factory”, un network per fabbricare bambini e generare soldi
- Ma dove finiscono i bambini sfornati dalle “baby factory”?
Le “baby factory” in Africa, una sconvolgente realtà ancora attuale
Aprendo un qualsiasi libro classico o visionando una pellicola di richiamo storico che ci può permettere di risalire al XIX secolo spesso capita di incontrare realtà definite come “case lavoro” o “baby farm”. Entrambi nomi quasi “perbene” che in realtà celavano ben differenti realtà. Entrambe situazioni all’epoca diffuse e ignorate dalla società benpensante ma che mascheravano ben diverse forme di violenza. Una sorta di prigionia fatta di soprusi e abusi, sia fisici che mentali. È sufficiente anche solo leggere molti dei romanzi di Charles Dickens per potersi immergere in una realtà che a noi sembra oggi molto lontana. Una realtà che rivelava forse il peggio della natura umana.
Se si pensa alle “baby farm” spesso citate in relazione a scritture o documenti storici risalenti a quel periodo ci si ritrova a inorridire. Bambini ceduti a crudeli donne che millantavano di prendersene cura e farli adottare per poi lasciarli morire di inedia o addirittura farli sparire gettandoli in un fiume. Neonati ceduti da donne magari disperate perché terrorizzate all’idea di dover affrontare il marchio infamante di fallen woman che le avrebbe destinate socialmente a un fato peggiore della morte in quel periodo.
Si tende a etichettare certe informazioni come invenzione o fantasia. A volte si finge di non vedere trincerandosi dietro alla scusante del ma tanto adesso non esistono più certe cose. Invece a tutt’oggi il sopruso e la vessazione sono spesso una realtà scioccante. Come è una realtà che fa altrettanto rabbrividire lo spogliare della dignità umana chi versa in condizioni disperate. Magari una realtà geograficamente lontana dalle nostre confortevoli case ma comunque esistente e come tale impossibile da ignorare.

Le “baby factory”, una realtà impossibile da estirpare
Da diversi anni molti articoli denunciano l’esistenza delle cosiddette “baby factory”. Vergognose realtà esistenti in Africa, prevalentemente in Nigeria e in Niger. Se si pensava che le “baby farm” inglesi diffuse nel XIX secolo fossero state spazzate via dal progresso e dalla cosiddetta civiltà forse si deve ormai ammettere che ci si sbagliava. E di grosso. Anzi, nonostante il progresso e la civilizzazione che il mondo ha attraversato in questo lungo periodo, la realtà africana delle “baby factory” sotto certi punti di vista si può addirittura definire un’evoluzione di quella macabra abitudine.
Cliniche sanitarie, finti orfanotrofi, strutture dove le donne, quasi tutte giovanissime, vengono rinchiuse per fare ciò che il nome stesso dice: fabbricare bambini!
Negli ultimi anni ne sono state scoperte molte, troppe, e ne sono state anche chiuse tante. Ma sembra che quella delle fabbriche di bambini sia una realtà difficile da fermare definitivamente, una mala abitudine quasi impossibile da scardinare.
Spesso le donne, in età fertile, vengono reclutate con la promessa di un lavoro ben remunerato per poi trovarsi segregate e prigioniere di queste realtà allucinanti.
Altre volte sono le stesse donne che si rivolgono a queste strutture per poter guadagnare qualcosa vendendo i loro bambini, spinte sovente dalla miseria e dalla povertà.
Si tratta di strutture gestite da medici (ma non solo) che si rivelano poi essere dei crudeli trafficanti di esseri umani. Spesso se le donne non arrivano già in stato di gravidanza sono le strutture stesse che provvedono a pagare degli “stalloni” perché abbiano rapporti con loro fino al momento in cui arriva il concepimento.
Giovani donne, spesso anche minorenni, che si ritrovano prigioniere di questi aguzzini, segregate e poi, oltre all’inganno anche la beffa, perché una volta partorito il bambino queste donne non ricevono neppure il compenso pattuito o promesso.
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Le “baby factory”, un network per fabbricare bambini e generare soldi
Un vero e proprio network economico quello africano. Una rete diffusa capillarmente, composta da persone che hanno sacrificato la propria umanità al dio denaro. Una macchina per fare soldi sulla pelle di donne sventurate e spesso disperate.
Mentre la piaga della miseria non fa altro che allargarsi maggiormente in quelle zone questi orribili aguzzini sfruttano la disperazione di donne disposte a mettere a disposizione i propri corpi alla stregua di incubatori per fabbricare i “prodotti” che andranno a ingrossare le entrate di un business vergognoso.
Vengono definite “baby factory” proprio perché si rivelano macchine per fare bambini. Neonati che diventano merce di scambio.
Le donne cedono i propri figli per cifre bassissime che a volte non superano i duecento euro. Spesso senza nemmeno sapere dove andranno a finire quei neonati appena partoriti.
Ma dove finiscono i bambini sfornati dalle “baby factory”?

I piccoli vengono sottratti alle madri quasi subito e poi messi sul mercato.
Spesso già ci sono acquirenti che attendono la consegna, alla stessa stregua di un qualsiasi altro prodotto. Meno di mille dollari per una femmina e poco più di mille per un maschio. Proposte di sconti per l’acquisto di fratelli ma se si richiede una coppia di gemelli maschi viene praticato un sovrapprezzo. Una compravendita che può arrivare fino a decine di migliaia di dollari, di cui alla madre biologica restano in tasca solo poche briciole.
Uno sconvolgente traffico di neonati con tanto di tariffario. A dimostrare come venga considerata, o forse sarebbe meglio dire non considerata, la vita umana in certi luoghi e soprattutto da certi abietti personaggi.
Una volta appurato che i bambini vengono venduti come un qualsiasi altro prodotto la domanda che sorge spontanea è chi sono i compratori? e che fine fanno una volta entrati a far parte di questa tratta di esseri umani i bambini?
Alcuni di essi riesce ad avere la fortuna di essere davvero adottata, magari da famiglie che per tanti motivi non vogliono percorrere le vie regolari per arrivare a concludere un’adozione regolare e legale. Ma al rimanente, che comunque consiste in una buona parte di neonati, tocca un destino per nulla fortunato o roseo.
I più vengono destinati al lavoro minorile, al mercato del sesso e addirittura ceduti a sette per essere utilizzati come sacrifici umani da impiegare in rituali.
A una conclusione di questa macabra e raccapricciante vicenda non si è ad oggi arrivati. Nonostante diverse inchieste a tutto tondo hanno fatto emergere questa piaga, il traffico di neonati in Africa sembra un fenomeno difficile da arrestare. Come riferito dall’UNESCO il traffico di bambini in Nigeria è uno dei crimini maggiormente commessi in Africa, secondo per numeri solamente alla frode e al traffico di droga.
La Nigeria è paese d’origine, transito e destinazione per le vittime di tratta. La povertà, le difficoltà economiche, le disuguaglianze di genere, le pratiche e credenze tradizionali, le politiche migratorie europee restrittive sono generalmente individuate tra le principali cause del fenomeno della tratta di esseri umani in Nigeria.
“Nigeria – tratta di esseri umani. Rapporto COI 19 maggio 2020”. Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre. International Protection of Human Rights Legal Clinic.
Fonti:
- 28/06/2014. Africa Express, Smantellato traffico di neonati tra Niger, Nigeria e Benin
- 3/10/2016. Africa Express, Nigeria: sempre più diffuse le fabbriche di neonati e i rapimenti di bambini
- 3/05/2018. Vanguard, Lagos seals three baby factories rescues 162 abandon babies
- 10/07/2019. La Stampa, Missionario italiano denuncia: «Traffico di neonati in Niger»
- 30/09/2019. Ansa, Nigeria: scoperta ‘fabbrica di bambini’. Liberate 19 donne dopo sequestro e stupro. I neonati venduti
- 30/09/2019. Il Messaggero, Nigeria, donne messe incinte per vendere i neonati: scoperta una “fabbrica di bambini”
- 1/10/2019. TV2000, Nigeria, scoperta clinica dell’orrore. Neonati strappati alle madri e venduti (servizio video)
- 4/10/2019. La Repubblica, Nigeria, bambini in vendita: l’orrore delle ragazzine schiave nelle “Baby Factory”
- 19/10/2019. Vanguard, Baby factory: Seven rescued pregnant girls due for delivery
- 22/11/2019. Vanguard, Foundation Campaigns Against ‘Baby Factories’, Child Trafficking
- 26/02/2020. Vanguard, 3 baby factories discovered in Imo
- 6/03/2020. Askanews, Nigeria, liberate 12 donne e un neonato da “fabbrica di bambini”
- 5/12/2020. Africa Express, Nigeria: proliferano le fabbriche di neonati, traffico di esseri umani
- “Nigeria – tratta di esseri umani. Rapporto COI 19 maggio 2020”. Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre. International Protection of Human Rights Legal Clinic
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