Al di fuori della Repubblica Ceca Jan Švankmajer è poco conosciuto, basti pensare che nonostante Jan Švankmajer vanti una prolifica carriera in molti Paesi come l’Italia i suoi lavori non sono mai stati nemmeno tradotti per l’home video ma non stiamo parlando di un comune artista!
Jan Švankmajer, nato a Praga nel settembre del 1934 da un vetrinista e una sarta, è un regista e sceneggiatore, meglio ancora lo si può definire un artista surreale, famoso soprattutto per le sue opere di animazione, opere che sono state fonte di ispirazione per artisti, molto più noti al vasto pubblico, come Tim Burton o Terry Gilliam e gli animatori Stephen e Timothy Quay noti per la loro influenza nella tecnica di animazione in stop-motion.
Specializzato in rappresentazioni con burattini, regia e scenografia, materie studiate all’Accademia delle belle Arti di Praga, Švankmajer esordisce nel cinema nel 1964 con un cortometraggio The Last Trick (titolo originale Posledni trik pana Schwarzewaldea a pana Edgara). Dirige poi diversi film durante la Primavera di Praga, i quali segnano il suo passaggio dal surrealismo al manierismo.
Nel 1987 gira il suo primo lungometraggio Alice (Neco z Alenky) che è stato presentato anche al Festival di Berlino, segue poi Faust (Lekce Faust) nel 1993 (presentato anche a Cannes) e nel 1996 Conspirators of Pleasure (Spiklenci slasti).
La realizzazione del film horror Šileni, chiaramente ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe e del Marchese de Sade (autori che hanno profondamente influenzato i suoi lavori fin da quelli passati) lo ha impegnato a Praga fino al 2005.
All’origine della sua carriera l’influenza del surrealismo di Karel Teige e Salvador Dalì ha avuto un ruolo importante nelle opere di Jan Švankmajer e anche se l’artista ha subito un indirizzamento verso il manierismo (basti pensare alla sua opera più famosa e imitata Dimension of Dialogue del 1982, un corto incentrato su due testa di argilla che ricordano l’Arcimboldo) questa prima influenza non ha mai abbandonato le sue opere, soprattutto perché il regista non ha mai considerato il surrealismo come una corrente estetica ma più come una filosofia ancora attuale.
L’artista è stato sposato con Eva Švankmajerová (pittrice, surrealista, ceramista e scrittrice) fino alla morte di lei avvenuta nel 2005, oltre che sua compagna di vita la donna fu una compagna professionale e prese parte anche a molti suoi film.

Jan Švankmajer è oggi noto per la sua capacità di creare immagini surreali coadiuvate da atmosfere da incubo, la sua tecnica peculiare è quella dello stop-motion (anche chiamata tecnica passo uno o ripresa a passo uno, è una tecnica cinematografica e di animazione dove viene utilizzata una particolare cinepresa che impressiona un fotogramma alla volta riproducendo immagini da fogli lucidi o pupazzi anche fissi, questa tecnica è stata ormai quasi completamente sostituita dalla grafica computerizzata) ma, nonostante la paradossale componente del “buffo” i suoi lavori sono impregnati di simbolismi, come se l’artista volesse sottolineare che ogni oggetto utilizzato nelle sue opere sta a rappresentare una metafora di emozioni o di idee. Švankmajer infatti nei suoi film non racconta una storia vera e propria ma dà vita a oggetti (solitamente inanimati) e ci trasporta in un mondo di magia instillandoci il dubbio di non riuscire più a capire dove possa essere il confine tra realtà e fantasia.
Jan Švankmajer, pur essendo ad oggi celebrato come uno dei più grandi animatori del mondo, si è sperimentato anche in altri campi artistici, tra cui il teatro, la pittura, la scultura ed è stato anche un grafico, spesso mischiando le varie tecniche e dando vita anche a un’Arte Tattile insieme alla moglie. Mescolanze di tecniche differenti che ha applicato anche ai suoi film. È stato in grado di sfruttare tecniche tipiche di registi d’avanguardia come EjzenstejneVertov, creando pellicole scioccanti e sconvolgenti soprattutto perché lontanissime dalle pellicole d’animazione alle quali siamo abituati noi occidentali.
I temi maggiormente cari a Jan Švankmajer sono il cibo (elemento presente in molti suoi lavori), l’inconscio e l’infanzia (che per un surrealista non rappresenta un periodo di innocenza ma piuttosto il periodo in cui le paure più recondite e inconsce prendono forma) ma i suoi film hanno una forte valenza politica e ideologica, elementi spesso esternati attraverso i simbolismi che sono sempre presenti.
Gli elementi caratteristici dei suoi film sono prevalentemente suoni esasperati (soprattutto nelle scene in cui qualcuno si ciba), un’accelerazione delle sequenze quando le persone interagiscono tra loro o camminano e improvvisa vitalità di oggetti inanimati grazie alla tecnica della stop-motion.
Nella sua carriera Jan Švankmajer ha prodotto numerose opere e tutte possono essere definite filosoficamente profonde e stilisticamente innovative, essendo un artista che si discosta dalle mode, i suoi film gravitano in un universo assurdo, spesso violento, non conforme al comune sentire, ma proprio per questo risultano opere geniali e provocatorie che costringono il pubblico a riflettere e scandagliare la parte più profonda di sé.
Humor nero, introspezione, grottesco e una dimensione tra il fantastico e l’assurdo sono i segni distintivi dell’opera di Jan Švankmajer che viene a tutt’oggi celebrato come uno dei più grandi animatori del panorama mondiale.
Il regista ha vinto diverse volte prestigiosi premi (quattro volte il Leone ceco e due volte il premio del Film Festival Karlovy Vary) tra cui nel 2013 il Primo Premio Circolino dei Films per l’innovazione e la creatività.
Dal 4 al 14 settembre 2014 è stata presentata, all’interno della 19ᵃ edizione del Milano Film Festival, in collaborazione con il Centro Ceco, una retrospettiva dedicata a questo geniale e peculiare regista.

Nel 2018 Jan Švankmajer realizza il suo ultimo film d’animazione (stop-motion) Insects basato sul dramma di fratelli Čapek dove produce una sceneggiatura che analizza e approfondisce il tema della misantropia sviluppato nel dramma, al contempo riflettendo la famosa Metamorfosi kafkiana.