di Amelia Sèttele

Il di lei sonno dura da migliaia di anni, non curante del tempo e dei suoi sortilegi.

Il suo corpo è stato ritrovato sui monti Altaj – i monti più alti della Siberia, noti anche come “montagne d’oro”. Perfettamente conservata e custodita nel suo splendido corredo funebre.

La storia che sto per narrarvi ha come protagonista la Principessa Ukok, o più comunemente conosciuta come Mummia di Altaj o Principessa di Ghiaccio.

Questo nome – che suona quasi fiabesco – si riferisce al corpo mummificato di una donna ritrovato nell’estate del 1993 sull’altopiano di Ukok – al confine tra la Russia e la Cina. La Principessa Ukok riposava in quel sepolcro da circa 2.500 anni.

La sensazionale scoperta che ancora oggi viene definita come uno dei ritrovamenti archeologici più importanti del 20esimo secolo, ebbe inizio quando il team di esperti, guidati dall’archeologa Natal’ja Polos’mak, stava eseguendo degli scavi in alcuni tumuli funerari nelle vicinanze di Novosibirsk.

Proprio in uno di questi sepolcri, venne rinvenuta la Principessa di Ghiaccio. Grazie al permafrost (terreno che rimane perennemente gelato, tipico delle regioni fredde) che aveva protetto il corpo preservandone in modo quasi perfetto gli arti inferiori e il tronco, la Principessa venne rinvenuta nella sua bara di legno di larice, accanto ai resti di ben sei cavalli e al ricco corredo funebre, formato da: vasellame in ceramica e oggetti preziosi.

La giovane quasi sicuramente di etnia scita (popolazione nomade indo-europea di ceppo iranico), aveva il corpo ornato di tatuaggi armoniosi ed eleganti sul ventre, sulla spalla, sul braccio sinistro e su alcune dita. Adornava la testa rasata una bellissima quanto particolare parrucca. Annodata in una treccia, dalla curiosa quanto complicata strutturazione, la capigliatura si ergeva dritta in alto sul cranio della mummia. Un reperto perfettamente conservato che è stato sottoposto a studi approfonditi e certosini, confermando la straordinaria bellezza, unicità ed importanza. Infatti un copricapo di tale fattura e pregio, poteva essere indossato solo da una donna estremamente potente e rilevante.

Per il lungo viaggio che avrebbe dovuta condurla nell’aldilà – oltre ai sei cavalli ritrovati – il suo corredo funebre era fornito anche di cibo, posizionato su di un piccolo tavolo, insieme ad un contenitore con dentro della cannabis, della pietra focaia e di semi di coriandolo. Molti di questi reperti archeologici sono stati fondamentali per suggerire agli archeologi che il nome di “Principessa” non era esagerato perché sicuramente la giovane donna doveva aver avuto un ruolo di rilievo nella sua comunità. Infatti era inusuale una sepoltura singola per una donna (nella maggior parte dei casi, venivano sepolte insieme agli uomini), come un corredo così importante e ragguardevole. I semi di coriandolo, ad esempio, erano simboli reali e la cannabis oltre ad alleviare i dolori poteva aiutarla anche per provocare visioni.

Probabilmente era una sciamana. Di sicuro era un personaggio di spicco.

Aveva accanto anche una “trousse” con un pennello di crine di cavallo e un “eyeliner”, vesti eccellenti di una manifattura curata ed elegante, ne vestivano le spoglie.

La Principessa Ukok al momento del decesso aveva un’età compresa tra i 20 e i 30 anni.

Dai ritrovamenti e grazie agli studi effettuati sul corpo, la storia che si cela dietro alla mummia della Principessa ci racconta una storia lontana dalla serenità e dallo svago perché questa ragazza prima di esalare l’ultimo respiro, soffrì. E non poco. Sembra infatti che la morte sia sopraggiunta a seguito di una caduta da cavallo, viste alcune slogature agli arti inferiori e superiori e alla frattura cranica rinvenuti sulla parte destra corpo. Attraverso i prelievi e gli accertamenti a cui la mummia è stata sottoposta, anche la cannabis ritrovata nel corredo funebre testimonia concretamente che la giovane avesse bisogno di placare un dolore ben più radicato e persistente con un metodo naturale ma incisivo, rispetto all’ipotesi di un utilizzo della pianta al solo scopo di iniziarla a visioni oniriche e mistiche. La risonanza magnetica ha infatti evidenziato che il soggetto era affetto da un’osteomelite – grave infezione del midollo osseo – e un cancro metastatizzato alla mammella destra. La giovane donna sicuramente è caduta da una certa altezza procurandosi lesioni importanti che l’hanno avvicinata alla morte, ma la causa principale del trapasso sembra essere stata identificata nel tumore al seno.

I tatuaggi rinvenuti sulla Mummia di Altaj raccontano la bravura del tatuatore che – attraverso dei piccoli fori incisi sulla pelle, su cui strofinava una mistura di nerofumo e grassi – delineò delle vere e proprie opere d’arte raffiguranti animali (anche mitologici) e decori. Secondo l’archeologa Polos’mak, i tatuaggi rappresentavano un “biglietto da visita” sia in questo mondo che nell’aldilà. Più si era anziani, più tatuaggi ornavano il corpo, a testimonianza dell’esperienza vissuta. Anche la scarsa quantità di tatuaggi rinvenuti sul corpo della Principessa Ukok, hanno garantito per lei, la sua giovane età al momento del trapasso. Inoltre le incisioni sulla pelle, rappresentavano un segno tangibile della propria posizione nel mondo.

Si sussurra che alla Principessa di Ghiaccio sia legata una maledizione che si attuò durante la traslazione del corpo dalla sua tomba, verso il museo di scienze naturali dove sarebbe stato sottoposto a studi ed esami. Essendo stato disturbata nel suo sonno eterno e privata della “bolla di ghiaccio” dove riposava, l’ira della mummia abbia provocato non pochi episodi sinistri e distruttivi. Durante il viaggio, l’aereo che la trasportava dovette procedere a un atterraggio di emergenza per problemi al motore. Per portare a destinazione la Principessa, si dovette continuare lo spostamento in automobile.

La terra da cui era stata allontanata forzatamente diede il suo tributo alla maledizione con: ripetute scosse di terremoto, frane, siccità e un improvviso quanto elevato numero di suicidi nella zona. La popolazione locale, cercò spiegazioni e aiuti, ma l’unica coincidenza riconducibile alle catastrofi vissute, riportava un solo nome: Principessa Ukok.

Nonostante le continue richieste della popolazione autoctona di riportare la Principessa nella sua dimora eterna, siano rimaste inascoltate, ella riposa nella teca del Museo di Novosibirsk. La sua eterna bellezza e unicità decorata da tatuaggi simbolici, copricapi splendidi e una storia ancora densa di mistero e magia, affascina e ammalia lasciando lo spettatore ad osservarla con rispetto e soggezione.

La Principessa di Ghiaccio insieme al suo fascino arcano e recondito, ci racconta una storia dove, le fredde lande ghiacciate le hanno permesso di riposare in una staticità perenne, abbracciando l’eternità.


Fonti:
  • La storia vive: La principessa siberiana, i suoi tatuaggi e altre storie.
  • La Repubblica.it: Siberia, la Mummia maledetta
  • AdnKronos: Archeologia: Siberia, la maledizione della Mummia degli Altaj
  • Wikipedia: La mummia di Altaj

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Amelia Sèttele

Ciao, mi chiamo Amelia Sèttele! Amo viaggiare, leggere e scrivere. Cito una frase di Tiziano Terzani – uno dei miei scrittori preferiti – perché mi rappresenta tantissimo: Ho scoperto prestissimo che i migliori compagni di viaggio sono i libri: parlano quando si ha bisogno, tacciono quando si vuole silenzio. Fanno compagnia senza essere invadenti. Danno moltissimo, senza chiedere nulla.


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