a cura della dottoressa Ileana Aprea
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Specchio… specchio delle mie brame. Chi è la più bella del reame?
Che cosa è la bellezza? La percezione di un’armonia che provoca emozioni positive. È possibile educare al bello e alla bellezza ai giorni nostri? Fornire una risposta a questa domanda è sicuramente più difficile. Certo è che sarebbe una cosa auspicabile. La strada da percorrere sarà tortuosa, ma forse un giorno anche il sentiero dell’uomo moderno potrà portare al raggiungimento di questo obiettivo.
- SOMMARIO
- Implicazioni psicologiche
- Implicazioni antropologiche
- Implicazioni filosofiche (Kant)
- Educare al bello
Implicazioni psicologiche
La bellezza ha un suo cammino. Segue il destino dell’uomo ed interagisce con il suo tendere, oltre l’immagine,verso l’identificazione per poter entrare in sintonia con i pensieri all’interno di un percorso formativo. Che cosa è, quindi, la bellezza? Si tratta soprattutto della percezione di un’armonia. Sensazioni piacevoli provenienti da uno stimolo: un’opera d’arte, un oggetto, un animale, una persona. L’emozione provocata dalla percezione del bello è positiva. Per questo motivo vi è una ricerca, conscia e inconscia, di tutti noi verso quello che appare bello perché ci fa sentire immediatamente felici. Spesso si dice che la bellezza è negli occhi di chi guarda, intendendo dire che non è l’oggetto in sé ad essere bello, quanto l’idea di bellezza che viene stimolata nella mente di chi osserva. Questa è un’idea di bellezza soggettiva e dipende, oltre che dalla propria personalità, anche dalle proprie esperienze, dalle conoscenze e dalle aspirazioni… Ma esiste anche una bellezza oggettiva, che può essere condivisa e che si basa su un concetto di armonia che concerne alcuni aspetti ricercati fin dai tempi antichi così da poterli riproporre nelle opere d’arte. (Giuliana Proietti 2010).
Il comportamento estetico, quindi, riguarda le nostre relazioni con la bellezza, in natura e nell’arte e può essere definito come la ricerca della bellezza, in qualsiasi sua forma. Passiamo molto tempo della nostra vita a contemplare la bellezza. In una galleria d’arte rimaniamo in silenzio, davanti ad un opera. Ascoltiamo della buona musica, veniamo rapiti da scenari naturali mozzafiato, degustiamo un buon vino. In tutti questi momenti i nostri organi sensoriali trasmettono ciò che rilevano al cervello. Le impressioni che emergono dall’elaborazione mentale sembrano essere l’unico scopo da dover raggiungere. Colui che degusta i vini , per esempio, sputa il vino dopo che lo ha assaggiato, questo per rimarcare che è il suo desiderio di bellezza ad essere stato appagato più che la sete, la cui soddisfazione è, in quel momento, solamente un bisogno primario.
Non esiste una concezione universale di bellezza. Non esiste niente che possa essere considerato bello da tutti i popoli della terra. Il bello per alcuni può essere ritenuto brutto da altri. Esistono, comunque, delle regole insite nell’essere umano, indipendentemente dalla sua etnia e dalla cultura di appartenenza. Per poterle descrivere è necessario focalizzare l’attenzione sulla natura. Fiori, farfalle, tramonti, albe e tutti gli elementi della natura che troviamo attraenti sono fatti di forme, colori e misure differenti. Gli occhi della mente quando osservano un elemento, in modo inconsapevole, evocano quelli osservati in precedenza. Il cervello ha incamerato le informazioni e le ha divise in insiemi: di fiori, pietre, alberi…
Se ci imbattiamo in una immagine nuova l’impatto visivo la fa confrontare con i dati di cui siamo in possesso. Quanto osservato diventa “fiore”, solo dopo che è stato attuato dalla mente questo paragone. Il cervello classifica qualsiasi cosa vediamo. Nel corso dell’evoluzione, l’uomo ha dovuto affinare la capacità di osservare e classificare gli oggetti della natura. Questa facoltà si è adattata ed è diventata essenziale, come nutrirsi o riposare. Possiamo dire che già a partire dalla prima infanzia è presente un impulso ad ordinare e classificare gli elementi. Questa capacità si dimostra molto utile alla funzione di adattamento all’ambiente che ci circonda. Infatti, quando nel cervello si verifica una emergenza, gli elementi più importanti possono essere messi in evidenza.
Detto questo si può affermare che ognuno di noi trova bello tutto quello che gli è familiare ed in sintonia con i suoi ricordi. L’arbitrarietà della bellezza è evidente. Quindi tutto dipende dalle esperienze che abbiamo fatto e che sono state memorizzate dal cervello che ha stabilito le regole di cui si parlava in precedenza. Inoltre guardare elementi naturali quali, ad esempio la bellezza di un campo pieno di fiori, può generare gioia estetica ed un rilassamento psichico legati a quell’esperienza. In questo ha origine anche il gusto per i paesaggi con caratteristiche naturali quali laghi, alberi ecc.
Coloro che vivono in città prediligono tali paesaggi in quanto permettono loro di riprendersi dallo stress della vita quotidiana e poter riacquistare le forze necessarie per quando dovranno tornare alle abitudini di tutti i giorni. Oltre alla vista anche la “bellezza” di un suono ( il cinguettio degli uccelli) o quella di un profumo ( un cespuglio di rose o l’odore del mare) possono essere determinanti rispetto al nostro gusto estetico e al nostro concetto di bellezza. (Cosimo Aruta)
Implicazioni antropologiche
Volendo dare una lettura in chiave antropologica del concetto di bellezza…
I miti, i riti che li accompagnano e il filo sottile e, allo stesso tempo, profondo che tesse il percorso evolutivo dell’uomo sulla terra, lo hanno aiutato a dare un senso alla sua vita nelle varie fasi della storia e della sua esistenza.
Essi sono il frutto della sua spiritualità, e per questo hanno arricchito la sua religiosità, dando espressione, da migliaia di anni, alla ideazione stessa di Dio.
Nella civiltà occidentale hanno dato origine ad opere come la Bibbia, i Vangeli, l’Iliade e l’Odissea, mentre nelle civiltà orientali al Corano, ai Veda induisti e ai Testi canonici buddisti. Tuttavia, da quando la forza misteriosa dell’arte è emersa nella vita dell’uomo, la bellezza è diventata il nuovo indicatore del valore e della forza di un mito che già esiste o di un altro che verrà. E sempre di più nelle prossime fasi della storia sarà la bellezza artistica a dare senso alla vita dell’uomo. L’uomo, così come crea la vita, cerca e crea la bellezza e da poco più di cento anni ha imparato a crearla e a viverla insieme agli altri.
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Quando però la bellezza artistica nasce dall’uso del dolore della vita dell’uomo, essa sembra far emergere in se la risposta al desiderio più profondo dell’uomo stesso e dell’Universo: quello dell’immortalità.
Quel potere che possiede l’arte, di creare una bellezza artistica immortale a partire dal dolore, ma che diviene tale solo quando si fonde con la libertà, la verità, e con l’amore nella vita degli uomini e tra gli uomini.
Quindi si può affermare che il mito della bellezza è fondamentale all’essenza dell’uomo e dell’umanità tutta. (Vito Chialastri 2009)
Implicazioni filosofiche (Kant)
Il concetto di bellezza va anche riferito, filosoficamente parlando, ad un’idea che può essere definita come un sentimento che deve essere sempre guidato dalla ragione. La bellezza che si deve cercare è quella ideale, che non può mai essere qualcosa di incerto. Il vero bello è definito per la sua oggettività. In questo modo Kant afferma che: “La bellezza si esprime come la forma dell’oggetto, percepita non in vista di uno scopo pratico”. Quindi, il sentire estetico anche se fondato sulla libertà individuale, è tale solo se è finalizzato alle necessità della sfera ideale così da sottrarsi all’accidentalità. Il bello, quindi, non è una qualità propria delle cose, non vi sono oggetti di per sé belli. È l’uomo ad attribuire questa peculiarità agli oggetti. Il giudizio estetico, basato sul sentimento del bello, è quello con cui noi percepiamo la bellezza e l’armonia di un’opera d’arte o di un paesaggio, realizzando un accordo tra l’oggetto sensibile (quello che, appunto, percepiamo) e l’esigenza di libertà (quello che sentiamo liberamente). ( Immanuel Kant1790)
Educare al bello
I ragazzi difficili presentano limiti nell’attività di attribuzione di significato al mondo ed alla realtà nel momento in cui riflettono sulla propria collocazione rispetto agli altri. Tali limiti, causano nel ragazzo un’idea di impotenza di sé rispetto al mondo stesso ed una sensazione di nullità. Tale tipo di percezione è caratterizzata da un “eccesso di mondo” o da un “eccesso dell’io”. Il mondo sfugge ad un irrealistico potere sulla realtà, nonostante il fatto che un io che si ritiene onnipotente, provocando una frustrazione continua del sentimento di onnipotenza stesso, causa una sensazione di vuoto ed un’angoscia incolmabile rispetto ai tentativi continui di fagocitazione universale votati all’insoddisfazione.
Nei ragazzi difficili si percepisce un senso di avvilimento, rinuncia e fatalismo che caratterizza la loro vita. Anche i comportamenti provocatori, spavaldi, rivendicativi rispetto al proprio modo di vivere, ad uno sguardo attento, mostrano un forte senso di insoddisfazione che nasce dall’ incapacità di attribuire un senso alla propria vita. È necessario, quindi, rivedere la percezione del ragazzo difficile che manifesta questa sensazione di nullità onnipresente del sé. Il ragazzo che mostra un disagio non è una persona soddisfatta del suo comportamento antisociale, ma è sempre alla ricerca di un modo per non sentirsi oppresso dal senso di impotenza di cui si parlava in precedenza. Quindi, il comportamento irregolare sembra essere il risultato di una visione della realtà che focalizza su un modo distorto di considerare il legame tra l’io ed il mondo, producendo, in questo modo, un senso di nullità del sé che porta all’obiettivo principale della rieducazione, ovvero la nascita di ottimismo esistenziale. La sensazione di soddisfazione è appagata dall’idea di considerarsi all’origine di un progetto di investimento di senso e significato nei confronti del mondo che si può realizzare a seguito delle regole imposte dalla realtà e attraverso un percorso di negoziazione di senso e significato nei confronti degli altri. Tutto ciò è detto ottimismo esistenziale che rivela il possibile effetto armonico del reale.
Per poter arrivare ad un’affermazione dell’ottimismo esistenziale, il ragazzo deve fare esperienze focalizzate sul bello, così da favorire la capacità di crearsi un senso estetico, con il quale appropriarsi della categoria della bellezza attraverso la quale interpretare tutti i tipi di realtà. Non serve imprimere nel ragazzo una serie di oggetti belli o di imporgli una gerarchia classificatoria della realtà, ma può risultare utile concedergli la possibilità di sperimentare l’emissione di un giudizio, attribuendo senso e significato al reale. La presa di coscienza che il reale non risulta dall’interpretazione può cambiare in base alle sue caratteristiche specifiche e al suo modo di relazionarsi al soggetto che lo osserva. In questo modo il ragazzo scopre il risvolto soggettivo dell’attribuzione di senso e significato al reale, ponendosi all’inizio della dinamica di significazione. È, quindi, necessario che l’educatore stimoli delle discussioni così da riuscire a confrontare non soltanto il risultato del processo cognitivo che culmina nel giudizio estetico, ma anche i concetti che mostrano l’assunzione di una opinione sulla realtà, in modo da sperimentare i molti aspetti del reale che nascono a seguito del confronto tra punti di vista diversi.
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Esistono, quindi, percorsi soggettivi di significazione del reale per cui ogni persona elabora una propria interpretazione. Le esperienze di utilizzo del bello creano il senso interpretativo della realtà, facilitando la modifica della percezione del mondo. Tale percorso educativo può portare alla capacità di riconoscere l’altro come soggetto. L’educazione estetica comincia dal momento in cui si mette in atto un confronto con quei momenti che possono essere praticabili con l’aiuto di paradigmi esistenti nello stile cognitivo con cui il ragazzo interpreta il mondo come ad esempio la sfida nei confronti delle difficoltà, il senso dell’avventura, il fascino dell’imprevisto e dello straordinario. L’uso pedagogico dell’esperienza del bello si delinea come soluzione adeguata per riuscire a creare una riqualificazione del mondo con la quale il soggetto rappresenta ed interpreta la propria esistenza nel mondo e con gli altri. Raccontarsi al mondo e con gli altri attraverso il senso del bello che dovrebbe influire sull’esistenza è un fenomeno emotivo ed emozionale che si verifica nella ricerca di senso e di significato da attribuire all’esperienza di superamento delle difficoltà, delle fasi della vita pregne di avventura, del fascino dello straordinario e dell’imprevisto.
L’educazione al bello, quindi, comporta l’acquisizione di un ottimismo esistenziale da dividere con gli altri nella vita di tutti i giorni, in un’imperfezione esistenziale implicita, che non può essere eliminata, perché comporta l’incompiutezza e la diversità implicita di ogni persona. Questo rappresenta una ricchezza che non può essere sostituita nell’umanità e per l’umanità all’interno di un confronto nell’incontro positivo con se stessi e con gli altri, ricco di narrazioni racconti di esperienze di vita quotidiana. Educare al bello, vuol dire proporre ad un ragazzo il concetto che l’ideale estetico possibile può essere ritrovato in ogni incontro col mondo, con le persone e con le esperienze del difficile, del pericoloso che possono acquisire una loro bellezza. Pensare che il mondo sia bello o possa essere tale, almeno in parte, dipende dal punto di vista con il quale viene considerato, avendo circoscritto nella propria esistenza delle nicchie di pensiero dove l’ottimismo esistenziale non viene più considerato una illusione predicata dall’entusiasmo, ma un vissuto che nasce da una relazione con la realtà.
L’educazione al bello offre, quindi, ai ragazzi in difficoltà una visione in prospettiva sul mondo che vuole essere intrecciata con altre, offerte dal percorso rieducativo. Per questo l’educazione al bello risulta un percorso imprescindibile dell’intervento educativo, a causa della sua capacità di portare alla costruzione di percorsi progettuali inseriti in un’azione di trasformazione. La relazione tra soggetto e oggetto come costruzione di conoscenza, apre, quindi, un ambito del reale. Questi aspetti risultano molto importanti perché riuniscono in sé due momenti fondamentali del percorso rieducativo, come l’educazione all’impegno personale ed alla responsabilità sociale. L’introiezione del senso di tale impegno interagisce con l’assimilazione del senso di responsabilità come necessità di rispondere agli altri di questa adeguatezza. (Laura Tussi 2000)
Fonti:
- Cosimo Aruta, psicologo, Il comportamento estetico, Psicologia e Fitness
- Giuliana Proietti,psicologa-psicoterapeuta, ( responsabile scientifica del sito) La bellezza, in Psicologia.it, aprile 2010
- Immanuel Kant, Giudizio estetico, in La critica del Giudizio, 1790, da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
- Laura tussi, Docente, giornalista e ricercatrice. Ha conseguito la sua quinta laurea specialistica in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell’ambito delle scienze della formazione e dell’educazione, L’educazione al bello Il disagio esistenziale e il senso di impotenza, in politicamentecorretto.com, sezione cultura e società, 09 Agosto, 2008
- Vito Chialastri, Psicoterapeuta-analista didatta di antropologia esistenziale, L’uomo creò Dio…dopo qualche giorno il gioco del pallone, Sophia University of Rome (S.U.R.), 2009, Aletti editore, p.p. 288
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l’articolo sulla bellezza è molto “bello” 🙂
scritto molto bene ed esaustivo
educare alla bellezza
anche questo articolo lo fa
grazie
molto bello complimenti
Un articolo molto interessante, il concetto di bellezza sviscerato e approfondito minuziosamente. Una scrittura che cattura e da informazioni e consigli per adulti e adolescenti.
Invoglia a cercare il bello nella realtà
Grazie
Grazie a tutti per gli apprezzamenti!
Cosa dire? un bellissimo articolo che fa veramente riflettere sul concetto di bellezza; interessante il punto di vista e l’ analisi incredibile della dottoressa Aprea. Spero vivamente lo leggano in molti
Interessante articolo e molto approfondito. Grazie
Seppur analfabeta di filosofia e psicologia, ho letto l’articolo con grande interesse, apprezzando molto la visione data dalla dottoressa Aprea,
soprattutto la parte psico-riabilitativa sui ragazzi che presentano comportamenti difficili. Grazie!
Complimenti Ileana, un articolo che affronta il tema in modo esaustivo e coerente. È stato un vero piacere leggerlo, apre l’orizzonte a nuove riflessioni ed è così sostanziale da restare ‘incollati’ all’argomento. Nessun luogo comune, una trattazione che rispecchia nettamente l’assertività de:”La bellezza è negli occhi di chi guarda” e i tuoi occhi ne sono colmi! Grazie infinite! Nadia Lisanti