→ A causa di una scellerata politica di spostamenti di intere popolazioni dai territori di origine ad altre zone dell’allora URSS gli ex stati della disciolta Unione Sovietica devono quasi tutti fare i conti con l’ingombrante problema delle minoranze etniche, specialmente quelle di lingua e cultura russa che aspirano sempre a ricongiungersi alla madrepatria, la Grande Russia di Mosca.

Minoranze Etniche

retaggio del sistema post-comunista, dalla ex-Jugoslavia all’Ucraina passando per la Moldavia

Chi ha già passato gli “anta” ricorderà senza dubbio la terribile guerra dei Balcani che sconvolse l’Europa nel pieno degli anni ’90, guerra scaturita dallo scioglimento della Federazione Jugoslava e la contemporanea nascita degli stati nazionali, primi fra tutti Serbia e Croazia.

E fu proprio per questione etnico religiose che Serbia e Croazia si trovarono in conflitto con l’aggiunta di quel crogiuolo di etnie e religioni che è la Bosnia-Erzegovina con la città martire di Sarajevo prima fra tutte.

Frutto della storia, del crocevia di conquiste e di dominazioni stratificatesi nei secoli, ma anche frutto, il mescolarsi di popoli ed etnie, di precise scelte politiche dell’allora dittatore della ex-Juvoslavia, Tito.

Divide et Impera è sempre stato un buon adagio per chi comanda e spostare gruppi di popolazioni in territori occupati da altri popoli è stato ritenuto dalla dirigenza jugoslava un buon sistema per tenere insieme un paese che non era una nazione.Almeno finché non è crollato tutto, finché il regime comunista non si è sfaldato e ha lasciato il posto alle istanze nazionalistiche-religiose che hanno portato inevitabilmente al conflitto.

Anche nell’ex Unione Sovietica Stalin, dittatore de facto e non di nome, utilizzò lo stesso sistema, “deportando” milioni di persone da un territorio all’altro con le stesse modalità che Tito aveva operato in Jugoslavia.

Oppure spostando i confini delle Repubbliche Socialiste che componevano l’URSS inglobando porzioni di territorio che storicamente erano appartenute ad altri popoli.

Ecco dunque che la Crimea, da sempre legata alla Russia, diventa parte dell’Ucraina, mentre la Transnistria, sconosciuta regione orientale della Moldavia, piene popolata da genti russi.

Finché resse il regime sovietico cambiava poco, tanto tutto il potere era centralizzato a Mosca e nell’Organo del Partito Comunista, ma dopo la dissoluzione dell’URSS e la nascita degli stati nazionali ecco che le questioni etniche hanno cominciato a esplodere.

In Ucraina la questione più spinosa è sempre stato il Donbass, territorio all’estremo orientale dell’Ucraina, abitato da popolazioni russofone e russofile in gran parte, e dunque fonte di contesa fra Russia e Ucraina per questioni etniche.

Anche se a dire il vero le ragioni ultime della contesa sono sopratutto economiche, ovvero le miniere di cui il Donbass è ricco tanto che nella città di Mariupol, ormai completamente distrutta dai russi, esisteva la più grande acciaieria d’Europa, l’Azovstal divenuta tristemente famosa per l’eroica resistenza del Battaglione Azov là asserragliotosi per settimane nel vano tentativo di difendere quel presidio ucraino accerchiato da soverchianti forze armate russe.

Se la difesa delle popolazioni russe in ucraina ha dato modo a Putin di trovare una scusante, almeno per la sua opionione pubblica interna, per invadere l’Ucraina quando si arriverà a trattare la pace occorrerà tener presente che la tutela delle minoranze etniche, in Ucraina ma non solo, dovrà essere posto in cima alla lista per evitare nuove guerre future.

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