di Amelia Settele

Quando mi sono imbattuta in questa storia, mi è subito venuta in mente la famosa canzone di Edoardo Bennato: “Seconda stella a destra, questo è il cammino .. e poi dritto fino al mattino… poi la strada la trovi da te… e porta all’isola che non c’è”.

Il suo nome è Isola Ferdinandea ed è letteralmente “l’isola che non c’è”.

Oggi è conosciuta come Banco Graham, ed è una piattaforma rocciosa piuttosto vasta situata nel canale di Sicilia a circa 6 metri dalla superficie marina, tra Sciacca e l’Isola di Pantelleria.

Tutto ebbe inizio

Nella notte tra il 10 e l’11 Luglio 1831 quando la potenza del vulcano sommerso – accompagnato da violente scosse sistemiche – esercitò la sua furia sugli elementi marini, permettendo all’isola Ferdinandea di “nascere”.

L’isola riuscì a raggiungere una superficie di 4 kmq e 65 mt di altezza. Rimase esposta alla luce del sole per poco più di sei mesi, avendo anche all’attivo due piccoli laghetti sulfurei, uniche fonti idriche dell’isolotto- perennemente in ebollizione – a riprova dell’incessante attività vulcanica che si protaeva sotto la superficie marina. Mantenne una forma tronco conica e scomparve presto dalla superficie in quanto costituita prevalentemente da tefrite– roccia magmatica eruttiva facilmente erodibile e incapace di resistere alla costante attività delle onde – tanto che già nel Gennaio del 1832, svanì in tutta la sua bellezza e unicità.

Questo non vi tragga in inganno portandovi a pensare che Ferdinandea non ci sia più, l’Isola dorme sotto il manto d’acqua e rappresenta – insieme ad altri due banchi limitrofi denominati “Terribile” e “Nefrita” – uno dei coni accessori di un vulcano sottomarino molto grande che prende il nome di Vulcano Empedocle il quale può essere paragonato all’Etna per grandezza ed estensione.

Il mare in quella zona, custodisce un vero e proprio patrimonio vulcanico con importanti attività telluriche ad esso legate; infatti la storia dell’Isola Ferdinandea ci viene riportata già all’epoca della guerre puniche (264-241 a.c.).

L’Isola appare e scompare nel corso dei secoli.

Vi narro l’ennesima emersione del 1831 perché quando Ferdinandea “tornò a galla”, suscitò l’interesse prima dell’Inghilterra e poi della Francia; entrambe le nazioni erano alla ricerca di un punto strategico a livello militare e commerciale per controllare e agevolare meglio, le rotte sul Mediterraneo.

Il primo a mettere piede sull’isola, nell’Agosto del 1831, fu il Capitano Jenhouse che la rivendicò piantando una bandiera inglese e denominandola Graham. Il gesto stizzì clamorosamente il Re Ferdinando II che inviò sul posto la corvetta bombardiera “Etna” comandata dal Capitano Corroa che attraccato sull’isola, collocò la bandiera borbonica battezzandola “Ferdinandea” in onore del sovrano. Successivamente il monarca, emanò un decreto per ufficializzare l’annessione della Ferdinandea al Regno delle due Sicilie.

Le dispute non sarebbero finite qui visto che gli inglesi si appellarono all’antica legge romana secondo cui: insula in mari nata ossia un’isola appena emersa era terra di nessuno, e quindi rivendicabile dal primo che vi avesse messo piede.

Fortunatamente fu la natura stessa a fare il suo corso iniziando il rapido deterioramento dell’isola che presto scomparve, ritornando sotto la superficie del mare, impedendo di fatto a nuove diatribe politiche internazionali di continuare e peggiorare.

Ferdinandea riapparve per un brevissimo periodo nel 1846 e nel 1863; nel 1968 durante il terribile terremoto in Belìce le acque che custodiscono l’isola furono viste ribollire e si narra di un avvistamento di alcune navi britanniche che – probabilmente – aspettavano di vederla di nuovo tornare in superficie per poterla rivendicare ancora, come accaduto in passato.

A scanso di equivoci storici e futuri, i siciliani decisero di ricorrere alla deposizione di una targa sulla sommità dell’isola dove si trovava, che rimanda in modo chiaro e coinciso a chi appartiene l’isola che non c’è: “questo lembo di terra, una volta Isola Ferdinandea, era e sarà sempre del popolo siciliano”.


Amelia Settele

Ciao, mi chiamo Amelia Settele! Amo viaggiare, leggere e scrivere. Cito una frase di Tiziano Terzani – uno dei miei scrittori preferiti – perché mi rappresenta tantissimo: Ho scoperto prestissimo che i migliori compagni di viaggio sono i libri: parlano quando si ha bisogno, tacciono quando si vuole silenzio. Fanno compagnia senza essere invadenti. Danno moltissimo, senza chiedere nulla.


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