Oggi vi voglio parlare di quel fenomeno meraviglioso che porta un libro a diventare pellicola. Una forma di arte come quella della parola scritta a trasformarsi in un’altra arte, quella delle immagini e del linguaggio cinematografico.

La scelta è caduta su un libro che non è proprio conosciutissimo ai più. Sto parlando di Ariane, jeune fille russe, romanzo del 1920 a firma di Claude Anet (al secolo Jean Schopfer), scrittore e giornalista francese vissuto tra il 1868 e il 1931. Schopfer nei primi anni del ‘900 ha abbandonato la sua attività di tennista per dedicarsi alla scrittura. E il film di cui voglio proporre un approfondimento oggi è Arianna (titolo originale Love in the afternoon) è una deliziosa commedia sentimentale diretta dal talentuoso e prolifico Billy Wilder nel 1957, che con le sue atmosfere black & white fa ancora sognare i più romantici e gli amanti dell’amore a lieto fine. Il soggetto, come già anticipato, è tratto dal romanzo di Claude Anet. E dobbiamo anche precisare che dallo stesso romanzo il regista Paul Czinner aveva già tratto un film in versione francese nel 1932.

Siamo a Parigi, città dell’amore e del romanticismo accentuati dall’atmosfera fine anni ’50. Arianna è una giovane studentessa di conservatorio, romantica e sognatrice, che vive con il padre, l’investigatore privato Claude Chavasse e che ha l’abitudine di ficcare il naso in continuazione tra le scartoffie nell’ufficio del padre che sta seguendo il caso di un marito tradito. L’uomo incapace di accettare il tradimento della moglie è intenzionato a uccidere il di lei amante, Frank Flannagan, famoso miliardario che riempie le fotografie di tutte le riviste scandalistiche con le sue avventure romantiche con donne di ogni tipo. Il dongiovanni risiede in un prestigioso albergo di Parigi come ogni anno in quello stesso periodo e ha un appuntamento proprio con la moglie fedifraga, ignaro di ciò che il cliente di Chavasse ha intenzione di fare. Arianna, decisa a vestire i panni dell’eroina, si prodiga per salvare l’uomo e si reca all’albergo dove viene erroneamente scambiata da lui per una scafata ed esperta donna di mondo. La dolce Arianna sensibile al fascino dell’uomo come tutto il popolo femminile di Parigi e non solo (a quanto sembra), non smentisce chiarendo l’equivoco e comincia un bizzarro gioco di seduzione che porterà l’attempato dongiovanni a cedere a un sentimento dal quale fino a quel momento era riuscito a sfuggire.

Immancabile arriva il lieto fine, poco realistico ma degno delle commedie di Billy Wilder. Forse uno dei motivi per cui il regista a tutt’oggi non è ancora scivolato nel dimenticatoio, al contrario, le sue pellicole sono un balsamo per le anime più romantiche e per gli stoici impenitenti dell’happy end. D’altronde i buoni sentimenti, si sa, non scadono mai e resistono al logorio del tempo che passa.

Arianna ha il viso di porcellana e lo sguardo profondo della mai dimenticata Audrey Hepburn, già consacrata come star dalle precedenti interpretazioni di Sabrina e Vacanze romane, rimaste nella storia del cinema e nell’immaginario collettivo come esempi di favola romantica. Anche nel ruolo della giovane studentessa (che dovrebbe essere ingenua ma si rivela una seduttrice degna delle donne con cui Flannagan tratta abitualmente) convince dimostrando il suo talento e la sua espressività, senza mai scivolare dall’alto della sua innata eleganza e senza perdere il suo fascino, che non scende mai di tono.
Come non scende mai di tono il ritmo del film, costruito su gag spesso maliziose ma sempre garbate e intelligenti, sull’ironia tipica della cifra stilistica del brillante ed eclettico regista e, non da ultimo, sulla recitazione di un cast veramente stellare.

Gary Cooper, nei panni del tombeur de femmes Frank Flannagan, affascinante e virile come sempre, convince appieno riuscendo a tratteggiare un personaggio maschile, che dovrebbe risultare quantomeno antipatico tanto è scandaloso, dandogli una veste talmente umana e romantica (soprattutto quando comincia a lasciarsi vincere dai sentimenti facendosi addirittura dominare dalla gelosia) da costringere il pubblico a solidarizzare con un uomo distrutto dalla frustrazione di non poter avere completamente l’unico vero oggetto dei suoi desideri.

Da non perdere la scena in cui Flannagan rinuncia a una focosa (a quanto lui stesso fa intendere) compagnia femminile e si strugge l’anima ascoltando la registrazione della voce di Arianna, non presente perché i loro appuntamenti si svolgono solamente nel pomeriggio (da cui il titolo originale In the afternoon), si ubriaca dando fondo a tutte le bottiglie di champagne e non solo presenti nella stanza, mentre il complesso di musicisti tzigani (onnipresente per tutta la pellicola) è costretto a suonare per tutta la notte la canzone Fascination (tema musicale del film). Un mix di comicità e romanticismo degni del miglior Wilder.

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Maurice Chevalier, come sempre charmant, affascina il pubblico con l’interpretazione di un padre premuroso e desideroso di concedere alla figlia un futuro degno di una principessa. La classe francese innata nell’attore e già dimostrata ampiamente con film come Gigì, lo porta a rendere il personaggio di Claude Chavasse non come il classico investigatore a cui ci ha abituato soprattutto la filmografia americana, ma come una sorta di cavaliere dedito alla giustizia dotato di una discrezione quasi inglese. Non manca di ripetere spesso ad Arianna quanto siano importanti i valori della sincerità, della correttezza e dell’onestà, valori che Chavasse dimostra ampiamente anche quando, con noblesse oblige, incassa il colpo scoprendo le bugie che la figliola gli ha raccontato per celare la scandalosa relazione con Flannagan.

Bellissima la scena, che racchiude forse tutta la personalità dell’investigatore, in cui Chavasse si reca dal dongiovanni (che gli ha precedentemente affidato l’incarico di scoprire la vera identità della sua amante pomeridiana) e gli mostra i risultati delle sue indagini invitandolo ad avere l’accortezza di abbandonare quella giovane donna per darle la possibilità di avere ancora un futuro sentimentale, prima che quell’amore possa comprometterla in modo irreparabile. Antiquati valori cavallereschi che, in fondo, colpiscono ancora.

Con questa brillante commedia sentimentale Billy Wilder ha probabilmente tentato di bissare il successo che aveva precedentemente riscosso con Sabrina ma, forse complice un personaggio femminile meno ingenuo oppure quella spruzzata di cinismo che pervade la storia, Arianna ha avuto un riscontro decisamente inferiore anche se questa pellicola merita di essere annoverata tra le chicche da collezionista (per chi ama il genere ovviamente).

La colonna sonora di Arianna è composta dalle musiche di Richard Wagner e Franz Waxman ma, come già citato, il tema musicale principale della pellicola è il valzer lento Fascination, opera di Fermo Dante Marchetti (o Dante Pilade Marchetti), talentuoso e apprezzato compositore italiano trasferitosi a Parigi. Marchetti la compose nel 1904 e all’inizio del Novecento divenne il motivo più ballato anche alla corte italiana, composta originariamente in versione solo strumentale il Marchetti dovette in seguito accettare la stesura di un testo di Maurice de Feraudy (c’era di mezzo una donna ovviamente), la canzone però scivolò nel dimenticatoio portandosi dietro la superstizione della sfortuna a causa del suo titolo originale Malombra, la produzione ne acquistò i diritti e cambiò il titolo. La musica era già stata utilizzata nel 1932 come tema musicale del film La casa della 56ª strada di Robert Florey.

La fotografia del film è sufficientemente curata e, naturalmente, il bianco e nero contribuisce ad ampliare la suggestione, rendendo le ambientazioni (sia Parigi che gli interni, dove si svolgono la maggior parte delle scene) una cartolina nostalgica di altri tempi, altra caratteristica che rende imperituri e affascinanti le pellicole di quel periodo.

Il film purtroppo, come già detto, non ha raccolto i consensi delle ben più conosciute interpretazioni di Audrey Hepburn, quali Sabrina nell’omonimo film, la principessa Anna nel cult Vacanze Romane di William Wyler o la spumeggiante e incontenibile Holly Golightly in Colazione da Tiffany di Blake Edwards, ma si deve riconoscere che per gli appassionati resta un film da annoverare nella propria collezione. La pellicola ha avuto, inoltre, una riedizione ridotta (a 125 minuti) che è stata ridistribuita sul mercato nel 1961 con il titolo Fascination.
Insomma una storia ben congegnata, forse un po’ semplicistica nella trama ma efficace come sempre consente di essere una trama semplice che, supportata dall’ottima recitazione e la ben costruita sceneggiatura, non delude mai.


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